Quantcast
Channel: S T R A V A G A N Z A
Viewing all articles
Browse latest Browse all 3442

ÇATAL HÖYÜK, L'ERA DEI GRANDI SOGNI

$
0
0


Il padiglione turco, nell'attuale Expo di Shangai, in Cina, è una costruzione davvero curiosa: una grande scatola color crema, rivestita in alto di una irregolare rete sospesa di color rosso vivo, con una griglia che appare quasi animata, nella quale si affacciano intricati simboli geometrici. Credo sua l'unico caso al amondo in cui un affresco neolitico, vecchio di quasi novemila anni, sia stato fatto risorgere e transformato in una monumentale, eccitante trovata architettonica. Ma la scelta non è casuale. L'affresco neolitico in questione, infatti, viene da un sito che sta deventando di giorno in giorno piú famoso (risale allo scorso mese di luglio la sua inclusione nella lista del Patrimonio dell"Umanità dell' UNESCO): Çatal Höyük, una collina archeologica estesa per 13 ettari, situata circa 40 km a sud di Konya, nel cuore dell'altopiano anatolico. Qui, nel corso dei fortunati scavi condotti dall'archeologo inglese James Mellaart (1925- 2012; una curiosa coincidenza ha voluto che la scomparsa dello studioso sia avvenuta proprio nello stesso mese in cui il sito ha ottenuto il già ricordato riconoscimento dell'UNESCO), tra il 1961 e il 1965, in una casa denominata Vl l- 14, era comparsa una pittura parietale completamente diversa dalle altre. E una sorta di scacchiera regolare, con celle quadrangolari. (la "rete" del padiglione di Shangai), tutte molto simili e disposte in file regolari. Questa rete o scacchiera, nell'affresco di Çatal Höyük, è sormontata da una figura imponente e misteriosa, riempita da macchie scure e culminante in punte coniche. Poiché da queste estremità escono strane appendici curve, per Mellaart non vi erano stati dubbi: la scacchiera rappresentava lo stesso villaggio neolitico, minacciato da un vulcano in eruzione (altri, però, nel "mostro puntinato", riconoscono piuttosto il manto di un gigantesco, mitico leopardo)

UNA VITA MIGLIORE?

L'affresco, in ogni caso, esprimerebbe l'idea della civiltà come istanza di ordine e protezio ne contro il caos della natura selvaggia; ma sarebbe anche la prima rappresentazione chiaramente e programmaticamente "urbanistica" giunta sino a noi. Immagine perfetta, quindi, perché gli architetti turchi la sfruttassero per esprimere a un tempo l'orgoglio nazionale per questo straordinario sito archeologico e il tema della stessa esposizione cinese odierna, riassunto dallo slogan "Città migliore, vita migliore".

Ed è quasi inevitabile, a questo punto, chiedersi se, nell'Anatolia dei villaggi dei pr imi agricoltori sedentari , 9000 anni fa, la vita fosse stata davvero migliore di  quanto non lo fosse stata in periodi piú antichi perché no, di quanto non lo sia oggi; o se la stessa scelta di abbandonare il "paradiso terrestre" dei cacciatori nomadi. 12 000 anni fa circa, per inventare le città, sia stata, in fondo. una scelta forcunata per la nostra specie.

Domande che molti giudicherebbero oziose: il modo di vita odierno, con le sue cognizioni, condizioni materiali e aspettative, non è certo commensurabile  - da alcun punto di vista - con quello preistorico. Eppure, esse mantengono un forte fascino: e alcun i degli archeologi più preparati e rinomati al mondo vi si sono accostati  "a mente aperta".

Gli scavi condotti a Catai Höyük nel passato (come quelli ripresi a partire dal 1993 da Ian Hodder, il padre spirituale della cosiddetta "archeologia post- processuale") rafforzano un'immagine davvero particolare dell'antico villaggio neolitico.

Per comprenderla appieno, occorre tenere presente che l'approccio archeologico di Hodder, in forte opposizione alle archeologie materialiste fiorite un po' in tu tte le accademie del modo tra il 1960 e il 1980, ha sempre privilegiato la sfera dei simboli, dell'indagine del loro significato spirituale, dei modelli mentali, dela critica delle stesse interpretazioni fatte dagli archeologi, a scapiro di interessi forse piú limitati ma concreti, come l'economia, le tecniche e le condizioni di vita delle popolazioni preistoriche.

Sembra logico che Hodder abbia scelto questo sito proprio per le sue immagini, una scelta che, peraltro, ben si accorda con gli interessi delle numerose istituzioni scientifiche che hanno finanziato la ripresa degli scavi, tra le quali figura, per esempio, la John Templeton Foundation (Inghilterra). Il suo fondatore credeva nella necessità dì porre alla civiltà moderna e al progresso tecnologico alcune Grandi Domande, incentrate sullo sviluppo e destini della spiritualità umana: dovremmo essere davvero cosi grati al destino di essere nati oggi?

Il graduale progresso del passato e la conoscenza umana stanno accelerando il passo? Stiamo davvero raccogliendo frutti impananti degli sforzi del passaco? Che ne sarà dei nostri valori di creatività, amore, compassione e libero arbitrio neUc cruciali scelte che verranno nel prossimo futuro?

UNA CITTÀ DI SIMBOLI

Il villaggio neolitico dì Çatal Höyük, 9000 anni fa, era un denso, compatto abitato di case in matto ne crudo, privo di strade e porte. La sua comunità prosperava con activirà di caccia e raccolta, e con le prime forme di agricoltura; oggetti in materiali preziosi trovati nelle case e nelle sepolture mostrano che vi era chi traeva vantaggio trovando e cedendo conchiglie marine, ossidiana e turchese. Alle case si accedeva probabilmente da botole costruire sul tetto. La città - si sarebbe tentati dì chiamarla cosi, anche contro le comuni convenzioni degli archeologi - era letteralmente e profondamente intrisa di immagini e simboli impressionanti, che affollavano alcune delle sue costruzioni, forse una su cinque o sei: dalle pareri coperte di bassorilievi con bestie e divinità in intonaco colorato, alle grandi teste taurine negli stessi materiali, ma con grandi e vere corna inserite nel modellato, che sembrano quasi penetrare con prepotenza nelle stanze, in pareti e banchine in terra, da oscuri, ma contigui mondi sotterranei. Arte e preistoria, come è stato più volte ed efficacemente affermato, qui non scorrono fianco a fianco, ma sono potentemente compenetrate. È la manifestazione palese di quella che Jacques Chauvin ha chiamato la "Rivoluzione dei Simboli", spostando l'attenzione degli esperti del Neolitico dalle tematiche economiche a quanto concerne la comunicazione e la trasmisisone delle costruzioni ideologiche.

Çatal Höyük, per lucida scelta accademica, è oggi un progeno di scavo aperto a ogni forma di comunicazione. e improntato a "pluriversi" di dialoghi e riflessioni che si ripercuotono ben oltre le consuete e comunque un po' aride quinte degli esperti. Per comprendere l'immagine che di questo antico mondo neolitico si sta creando, può essere utile leggere il brano che seguetratto dal fascicolo pubblicìtario di una compagnia aerea, con l'esplicito intento di illustrare "la culla della civiltà""Vi promettiamo nuove informazioni sul genere umano che metteranno alla prova i limiti della vostra mente, e vi daranno la possibilità di ridiscutere le vostre percezioni del tempo e della civiltà.

Usate la vostra immaginazione per capire questa civiltà di migliaia di anni fa ... Non vi era gerarchia, né guerra, né conflitti tra uomini e donne ... lnfatti non vi erano spazi particolari in cui potessero essere prese decisioni amministrative, o per annunciare al popolo le stesse decisioni, e nemmeno strade per recarsi a diffondere le decisioni stesse. Non vi sono segni di una classe dominante che mangiasse meglio degli altri ... Non vi troviamo divinità, ma piuttosto ritratti di "donne grasse". il cui corpo massiccio è simbolo di potere e fertilità, a suggerire l'idea che qui si sperimentava un'era matriarcale. Comunque, gli uomini vivevano più a lungo delle donne ed erano più alti: e in confronto ai maschi, le femmine avevano la dentizione più degradata ... Tra i crani degli antenati che venivano trasmessi cerimonialmente da una generazione all'altra, ci sono sia donne che uomini, il che suggerisce che entrambi i sessi potessero essere ugualmente capi dì case o lignaggi. In general e, tutto sommato, i dati suggeriscono l'uguaglianza dei sessi. piutosto che un macriarcato vero e proprio.

Quella di un modo di vita pacifico. egualitario, privo anche delle forme di oppressione e sfruttamento dei piú deboli o delle donne - che troviamo anche nelle società tradizionali del pianeta più semplici e meno condizionate da contatti moderni - è un vecchio sogno dei filosofi e degli antropologi occidentali.

UNA SOCIETÀ EGALITARIA?

Gli illuministi credevano che l'uomo "allo sraco di natura" fosse saggio, pacifico e egualitario; Karl Marx e i pensatori socialisti ipotizzavano, alle soglie dell'evoluzione sociale umana, un felice stato di "comunismo primi tivo", in cui mogli, figli, risorse naturali erano posseduti in comune in generale armonia, prima che un atto violento di "accumulazione primitiva" non avesse creato con la forza le prime disparità sociali.

Vista in questa luce, Çatal Höyük, potrebbe essere addirittura chiamaca a testimoniare che simili quadri idilliaci potevano aver prosperato non solo nell'avanzato mondo dei primi agricoltori sedentari del Vicino Oriente antico, ma anche in abitati che si avvicinavano, per ampiezza e complessità di tecnologia, commerci e comunicazione visiva. alla nostra stessa idea di città.

Che cosa c'è di vero in simili ottimistiche ricostruzioni? Non poco, come vedremo, ma certamente non tutto. lnnanzitucto, il Neolitico non fu un periodo semplicemente sereno, in cui l'agricoltura comportò un generale, tranquillo incremento del benessere economico. Nei primi villaggi ci si ammalava piú spesso, a causa della convivenza con nuovi ceppi di agenti parogeni portati dagli animali domestici e con il crescente contano con i rifiuti domestici. Le donne erano probabilmente esposte a lavori quotidiani sempre più pesanti. l denti degli agricoltori e rano rovinati da amidi, zuccheri e dalla polvere delle macine in pietra; recenti scoperte in Pakistan indicano che, tra i vari mestieri che si affermavano, quello del guaritore fu in qualche caso affiancato dall'opera dci pr imi "dentisti".

Il generale peggioramento degli standard di vita, espresso dalla forte riduzione della statura media, fu bilanciato da nuovi tassi di crescita demografica, eppure i bambini, in particolare, mor ivano in gran numero. La morte, e con essa l'angoscia, divenne in breve una compagna quotidiana. In secondo luogo, va detto che Çatal Höyük, non è affatto "la culla della civiltà", espressione, questa, che in tempi (come quello attuale) di aspri conflitti, galoppanti e spesso tragici nazionalismi, ricorre ossessivamente nella propaganda di ogni Paese e città, dal Mediterraneo orientale all'India. Il villaggio, al contrario, se confrontato con altri centri dei primi cacciato raccoglitori e agricoltori incipienti (come per esempio Gerico, Çayonu Nevali Çori e la stessa Gobekli Tepe) appare un'esperienza relativamente tardiva: abitato dal 6500 a.C. carca o poco prima, fu improvvisamente abbandonato un millennio piú tardi, come se l'esperimento sociale che lo aveva creato, insieme ai suoi connotati espressivi è artistici, fosse d'un tratto fallito e condannato all 'estinzione.

CASE COME PICCOLI SANTUARI

Dopo la metà del VI millennio, l'intera regione del Vicino Oriente antico, a giudizio di molti studiosi, sembra essere: stata investita da una vasca c lunga crisi demografica c politica, complice, forse, un significativo peggioramento climatico. Gli abitati, per quanto ne sappiamo, rifluirono per secoli in aggregati di modeste dimensioni. Del resto, non vi sono reali dimensioni dì continuità tra i grandi centri del Neolitico Medio (7000-5500 a.C. circa) e le prime grandi città dell'antica età del Bronzo (3500-3000 a.C. circa).

Vero è, invece, che il tessuto abitativo di Çatal Höyük, con le sue straodinarie creazioni visive e la sua cultura materiale, creano senza alcun dubbio un'immagine fortemente egualtaria. Come segnala l'opuscolo della compagnia aerea, non vi è traccia alcuna di templi, piramidi e palazzi. Al contrario, piccoli gruppi di case sembrano afferire ognuno alla propria casa-sacello, ciascuna decorata e affollata di pitture, bassorilievi in intonaco, banchine con corna. Queste costruzioni recano i segni di intense. ripetute attività rituali, e sembrano essere distribuite equamente e con regolarità nelle maglie del tessuto urbano.

Non sì tratta dell'unico caso di questo tipo nella storia dei primi, grandi centri sedentari. Ai piedi delle alture del Kopet Dag, oggi neiTurkmeniscan meridionale, nei maggiori villaggi del IV millennio, gruppi di 5-6 case condividevano speciali edifici destinati a bagni d i vapore o saune, con banchine in legno o argilla intonacata in rosso, affreschi policromi a tema cosmologico e focolari-altari, in cui sono sute rinvenute statuette in pietra e preziosi oggetti in rame.

Molto più tardi e in un contesto del tutto remoto, i grandi pueblo delle culture del Sud- Ovest del continente nord-americano ospitavano, similmente, kiwa: stanze circolari sotterranee distribuite regolarmente nell'abitato, sedi di società segrete maschili usate dai capi anziani per discutere e fare accordi tra i clan cittadini. In ogni caso, si tratta di soluzioni accorte per evitare che un gruppo, famiglia o clan potesse monopolizare i culti dell'intera comunità. Forse nelle sale cerimoniali di Çatal Höyük si cantava la morte come "feconda", come necessario risvolto e percorso obbligato della vita, ma indirettamente. tramite gli stessi rituali,si esprimevano messaggi e opzioni politiche (l'archeologo francese Jean- Daniel Forest ha interpretato l'intero ciclo decorativo di Çatal Höyük come una rappresentazione visuale dei principi che regolavano la filiazione, la nascita, le alleanze matrimoniali su base esogamica, dal punto di vista della riproduzione dei lignaggi).

PER SALVARE L'ORDINE SOCIALE

L'archeologia, in realtà, sta dimostrando che tensioni sociali e contrasti per la supremazia erano esistiti da millenni nelle regioni del Vicino Oriente. A Gobekli Tepe (1O 500-9000 a.C. circa;  grandi sale circolari affollate da pilastri antropomorfi "tatuati" con i simboli dei clan mostrano come questi ultimi competessero per il prestigio politico, costruendo ed esibendo immagini colossali dei propri capostipiti. Tutto questo avveniva all'epoca e nel contesto dei gruppi di cacciatori-raccoglitori, ben prima che l'agricoltura prendesse piede.

In diversi siti contemporanei circolavano tavolette in pietra affollate di strane incisioni, che ci "sussurrano" di ignote pratiche di trasmissione delle informazioni. I cacciatori di gazzelle natufiani del Levante (10 500-8500 a.C. circa) avevano inizia co a seppellire i morti nei pavimenti delle capanne che ormai frequentavano per buona parte dell'anno, e ne disseppellivano i crani, per riti dei quali sappiamo assai poco; e alcuni defunti "speciali" come una probabile "sciaman" sepolta in una grotta a Hilazon Tachtit, in Galilea (10 000 a.C. circa), erano accompagnati dai resti di grandi pasti cerimoniali collettivi, e di oscuri rituali che comprendevano la deposizione di un'ala d'aquila, molti gusci di tartaruga, la coda di un bovino, parti di corpi umani e di animali predatori. Nel siro funerario neolitico di Kfar HaHoresh, anch 'esso in Galilea, contemporaneo a Çatal Höyük, una persona era stata sepolta con le ossa di almeno otto uri selvatici; la quantità di carne che si stima fosse stata consumata nella festa funebre ammonta a 2000 kg, quanto bastava a saziare una folla davvero considerevole.

Insomma, tutto ciò implicherebbe che l'età neolitica nel Vicino Oriente era lungi dall'essere un pacifico paradiso collettivista: la comunità neolitica di Çatai Höyük investiva probabilmente notevolì energie e risorse nel riproporre pubblicamente, forse in coincidenza dei grandi riti di passaggio di ciascun individuo, antiche mitologie e idee religiose di grande impatto emozionale, e mantenere cosi in vita tradizionali assetti egualitari, minacciati da nuove realtà nelle quali famiglie e persone: si allontanavano sensibilmente le une dalle altre. Il fatto che queste cerimonie avvenissero all'interno delle sale cerimoniali presumibilmente gestite dai clan suggerisce che, proprio all'interno dei lignaggi, fossero percepite pericolose linee di fissione ...

E cosi, ancora oggi, Çatal Höyük alimenta - nel dilatarsi vasto e articolato dei confronti scientifici che fanno capo al progetto di ricerca (vedi www.catalHöyük.com) - l'immagine di una contraddizione antica: quella tra il sogno di un mondo libero cd egualitario e una realtà gerarchica ed elitaria.

Testo di Massimo Vidale e Andreas M. Steiner pubblicato in "Archeo", Milano, Italia, Settembre 2012,Anno XXVIII, n. 9 (331), estratti pp.38-52. Digitalizzati, adattato e illustrato per Leopoldo Costa

Viewing all articles
Browse latest Browse all 3442

Trending Articles